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"Dubito dunque sono"

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sabato 12 dicembre 2009

Sul pensiero politico contemporaneo #2 Montesquieu



(1689-1755)

-il fondatore del liberismo europeo-


Accomunato con Vico per il senso della storia, la tradizione, l'amore per la latinità, il ruolo delle virtù nelle repubbliche.
M. fù un liberal-democratico che ha saputo integrare il moderno con la classicità. Non corre dietro utopie ma al contempo non vuole difendere assurdità come l'assolutismo che ormai è "solo da consegnare alla storia".


I temi centrali:



  1. LIBERTA'


  2. IL RUOLO DELL'ARISTOCRAZIA


  3. RAPPORTO SENATO-POPOLO


  4. LA STORIA


  5. LE LEGGI

1. La libertà per M. non è un'astrazione ma deriva dalla tradizione e da quello spirito di una civiltà che ne costituisce l'anima. La libertà dipende quindi dal goverment de nos pères. Prosegue: "la libertà è il diritto di fare ciò che le leggi permettono" asserzione di chiaro stampo ciceroniano "nessuno sarebbe libero se potesse fare ciò che le leggi proibiscono"(cit. Cicerone). Solo avendo il senso del limite non ci saranno abusi e gli stessi poteri si potranno limitare tra loro.


2. L'aristocrazia ha un ruolo fondamentale per M. essa deve avere il senso del limite, mostrare la sua virtù (quando M. parla di virtù parla dello spirito di moderazione). Certe volte però gli aristocratici non riescono ad ottenere i rapporti con i concittadini degenerando anche nel dispotismo. Come si evita questo? Con la forza del popolo, di fronte al quale persino i giudici debbono mostrare il massimo rispetto se si vuole far vivere la repubblica. La prudenza e la saggezza di menti aristocratiche unite alla virtù di un popolo ancora legato da un forte senso morale e religioso, possono tenere in piedi una repubblica e prolungarne la vita. Sono quindi importanti le tradizioni come collante di una società.


3. La repubblica aristocratica segna la sintesi tra il meglio della tradizione e della modernità. Nell'antichità romana, M. individua nel popolo la forza, la superiorità numerica dei suffragi ed il rigiuto di fare la guerra. Tutto ciò era temperato dalla saggezza del Senato che era pronto ad accogliere le ragionevoli richieste del popolo senza pensare ai propri interessi. A tutto questo si aggiunge una magistratura romana che riuscì a far praticare la virtù civica senza la quale nessuna repubblica può sopravvivere. Allora perchè la repubblica romana entrò in crisi? Perchè gli uomini divennero tutti soldati e quindi si cancellò quella diversità di ruoli e di classi che fu il motore della repubblica, venne a mancare la certezza del diritto, venne meno la classe aristocratica, la plebe non era più temperata dal Senato e acclamava i sovrani più corrotti. BISOGNA FARE ATTENZIONE A CAMBIARE LE ISTITUZIONI CHE FUNZIONANO DA TEMPO ED I CAMBIAMENTI DEVONO TENER CONTO DELLA TRADIZIONE ALTRIMENTI SI PROVOCANO DISASTRI.


4. Nella storia c'è logica e non fortuna (ci dice M.) alla rovina di uno Stato ci si arriva ignorando le cause che l'hanno generata. M. adotta un'ottica comparativa secondo la quale L'ANTICO SERVE A VEDERE LE INCONGRUENZE DEL PRESENTE E GLI ERRORI LONTANI DEBBONO METTERCI IN GUARDIA DA POSSIBILI E PERICOLOSE RICADUTE.


5. Nella repubblica il popolo può fare quello che vuole ma non proprio tutto ecco perchè DELEGA. La delega è necessaria per il corretto funzionamento della repubblica, infatti con essa lasciamo svolgere ad altri un compito che il popolo non sa fare. M. discute anche della necessità di far "provare" le leggi: "nell'antica Roma le ordinanze del Senato duravano un anno e poi diventavano legge per volontà del popolo." Il legiferatore deve seguire lo spirito di una nazione fino a dove questo non è contrario allo spirito di governo. Le leggi devono essere chiare e semplici altrimenti si genera solo confusione, esse devono risvegliare negli animi delle persone le stesse idee.

Se le repubbliche non sono virtuose e non recano felicità, ci sono forme di governo più efficienti. La monarchia offre maggiore prontezza nell'esecuzione e maggiori competenze in ambiti specifici. Se una repubblica non è virtuosa si rischia di generare in dispotismi. Al pari della realizzazione dell'estrema uguaglianza dove ciascuno vuole essere uguale a colui che è stato scelto di comandare al posto del cittadino. In questo caso il popolo rifiuta coloro che sono stati preposti a ricoprire alcune specifiche funzioni e pretende di sostituirsi ai masgistrati facendo venire meno quel rispetto. M. non è un sostenitore della diseguaglianza anzi il binomio a lui riconducibile è : "no alla diseguaglianza" ma anche "no all'uguaglianza estrema".


-Luca Mazzucco

lunedì 7 dicembre 2009

Sul lago di Albano

Dal 29 al 31 ottobre 2009 si è svolto nella splendida cornice della Villa del Cardinale, presso Rocca di Papa (Rm), la prima edizione del FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL LAVORO NELLA SOCIETA' GLOBALE.



Grazie alla mia università ed al mio professore Andrea Ciampani (membro del comitato promotore ed autorevole studioso) sono potuto accedere ai lavori del convegno anche se solo per il solo giorno di venerdì a causa di altri impegni.

L'incontro più interessante e più importante del giorno è stato quello della mattina, dove ho avuto l'opportunità di assistere al dibattito tra il Direttore Generale del FMI (Fondo Monetario Internazionale) Dominique Strauss-Kahn ed il Segretario Generale della CIS (Confederazione Internazionale dei Sindacati sorta nel 2006) Guy Ryder; moderato dal professor Andrea Ciampani.


Ora senza dubbio tornare a parlare di un convegno svoltosi quasi un mese fà può sembrare una scelta anacronista. Tuttavia i giornali ed i tg non hanno riferito veramente tutto ed hanno taciuto su punti fondamentali e sull'obiettivo di fondo del convegno (raggiunto), ritenendo più opportuno puntare i riflettori all'ultimo intervento: quello del ministro Sacconi, su cui non mi esprimerò al riguardo. (e credetemi, la tentazione di raccontare la sua figuraccia di fronte al Segretario Generale della CIS è irrefrenabile!!!)


-Per Strauss-Kahn, "il Pil mondiale sta cominciando a migliorare, ma abbiamo ancora davanti a noi tra i 12 mesi e i 20 mesi di aumento della disoccupazione a livello mondiale, a seconda dei Paesi” e per uscirne, continua, "è necessaria una maggiore cooperazione e dialogo tra fondo monetario e sindacati, auspicando altri di questi incontri magari in Italia".
(Di fatto la scelta dei partecipanti, non è stata casuale. Lo scopo del convegno è stato quello di rilanciare il dialogo sociale andando oltre le parole). "Il Fondo Monetario si è aperto a sindacati e ONG e per uscire dalla crisi è necessario cambiare le politiche di lavoro". Gli altri problemi da risolvere sono: la regolamentazione del sistema finanziario che sta avvenendo lentamente, e la presenza di forti squilibri tra paesi con un grande surplus (Cina) e grande deficit (U.S.A.).
Il Direttore Generale del FMI si apre anche verso le università italiane "Il FMI opera una concertazione sociale con 3 pilastri: sindacati, ONG e mondo accademico ma ha modo di sviluppare relazioni col solo mondo anglosassone "questo non basta, è necessario collaborare con le diverse realtà accademiche."


-Guy Ryder, è apparso invece molto più preoccupato riguardo la crisi economica che è appena iniziata per i lavoratori. Non ha risparmiato critiche ai leader politici: "Dalla caduta del muro di Berlino, si è favorito il capitale ed i Governi hanno continuato a fare questo. L'economia globale dovrà essere diversa dopo la crisi, ci avevano detto, tuttavia questa è più una frase dettata dalla paura che da reali intenzioni. Sembra comunque che il settore finanziario stia tornando ad una regolamentazione del passato". Come agire dunque? "La CIS ha
proposto una tassa di transazione finanziaria internazionale in modo da evitare speculazioni e di aumentare fondi". In conclusione, lo stesso Guy Ryder ha asserito come siano migliorati i rapporti col FMI malgrado alcuni punti di vista divergenti.


Questa apertura segnerà veramente una possibilità di sviluppo del capitalismo associativo (processo frenato da anni) o sarà un altro specchio per le allodole? Alla società civile organizzata il compito di (ri)legittimarsi con tutti i mezzi verso una più piena partecipazione.




-Luca Mazzucco

domenica 6 dicembre 2009

Sulle parole desuete #1

Logomachia: [lo-go-ma-chì-a]
• Disputa che verte sull'attribuzione di significati diversi alle parole; estens. discussione inconcludente
• sec. XVI
FONTE
Esempio:
"il più vitale contributo del socialismo fu il sentimento d'una necessaria palingenesi sociale; i suoi limiti vennero dalle pose astrattamente rivoluzionarie di alcuni, dalle logomachie di altri, dal vincolo d'una obbligatoria professione di marxismo ortodosso" (tratto da un signor libro: Carlo Morandi, I partiti politici in Italia dal 1848 al 1924, Felice Le Monnier - Firenze 1997)

sabato 5 dicembre 2009

Succedeva nel...9 novembre 1989

Sul peccato originale

-Adamo ed Eva, 1504, incisione su rame-


«Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Genesi, 2.16)


Questo è il comando che Dio padre diede all'uomo. Ma capì veramente cosa significasse la morte? No, l'uomo non lo capì. Di tale parola non ne era a conoscenza, egli, fatto ad immagine e somiglianza del Padre; non conosceva il bene, il male, vedeva il mondo nella sua beltà con gli occhi di Dio.

Ma perchè allora quell'albero, quella tentazione? "Solo" per dare all'uomo la libertà di scegliere?

Nella narrazione si possono scorgere i vizi capitali: l'invidia dapprima del serpente per Adamo ed Eva, poi la gola: «Allora la donna vide che l 'albero era buono da mangiare», A questo punto si inserisce la superbia: «gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e ne mangiò.». La superbia è il peggiore "abito del male" (come chiama i vizi capitali Aristotele) che porterà l'uomo a dire la peggiore bestemmia: "Diventerò Dio!" Ma quando la mangiò esso prese coscienza della propria nudità, della vergogna e di aver fatto il male: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». (Genesi. 3.7-11)


Ed ecco poi lanciarsi "l'anatema" sulla stirpe umana che cela tuttavia l'amore di Dio:

Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».
All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!
». (Genesi, 3.16-20)

A parte l'indiscutibile bellezza del racconto, voglio approdare alla mia conclusione o provocazione:
Come si sarebbe potuto giustificare Dio se fossimo rimasti in quello stato di grazia, di immortalità, di pienezza e godimento? Se non esistesse il dolore e la morte come ci si potrebbe ricordare che non siamo altri che parte della natura e che come essa deperiamo? Tout court, arrivo a dire che il peccato originario è condizione necessaria dell'uomo per riconoscere e giustificare Dio...
...ma non faccio in tempo a formulare questa avvincente tesi, che la mia coscienza ipertrofica me la smentisce seccamente...
-Luca Mazzucco
Il libro della Genesi online: qui

venerdì 4 dicembre 2009

Sul pensiero politico contemporaneo #1 Karl Marx

Attraverso questo argomento, cercherò di distribuire un po' di conoscenza sulle teorie politiche di alcuni autori da cui secondo me, c'è sempre qualcosa da imparare.
Proverò ad essere sintetico ed allo stesso tempo esaustivo.



Il primo autore che ho scelto di trattare è Karl Marx. Sia perchè è stato il filosofo politico che più mi aveva affascinato durante la scuola superiore, sia perchè volenti o nolenti, ha fortemente influenzato il corso della storia e dato una nuova interpretazione ai rapporti di potere in una società profondamente lacerata dal nuovo modello di produzione industriale. Infine lo propongo per primo poichè avevo già delle bozze preparate questa estate durante i miei studi.






(1818-1883)



Per conoscerne il pensiero bisogna assolutamente collegarsi ad alcuni autori come l'ante litteram Rousseau, il socialista Owen ed infine Hegel. In nuce il pensiero di Rousseau era rivolto alla creazione di quella uguaglianza sociale che troviamo nello stato di natura dell'uomo che per l'autore era "buono". Nel momento in cui nasce la società civile, ovvero con la creazione della proprietà privata, l'uomo diventa "cattivo". "Il male quindi ha radici sociali" come disse Owen dopo aver osservato il fenomeno dell'alcolismo della prostituzione e dei furti. Quindi (come dirà Marx), per cambiare l'uomo occorre cambiare la società. Con Hegel, assurgerà al suo pensiero quella scientificità che mancò a tutti i vecchi filosofi (M. si rivolge in special modo al nouveau christianisme di Saint-Simon). Il mezzo che permette tale scientificità è la dialettica hegeliana; dallo stesso Hegel prenderà quella necessità storica per cui ogni tappa è necessaria al compimento della verità. Marx pensava che la storia fosse mossa da un motore: il conflitto. Così come c'è stata una rivoluzione borghese ci sarà quella dei proletari. Abbiamo quindi una affermazione (mondo capitalista) la negazione (proletariato) ci sarà la negazione della negazione (in Marx si chiamerà sintesi) che sarà la creazione di una eguaglianza sociale portata dalla rivoluzione proletaria. Col suo immaentismo (figlio di Lessing ed Hegel), Marx, rifiutava di credere ad una dività trascendente; piuttosto divinizzava l'umanità perchè è l'uomo che fà la storia e la storia stessa porta al compimento ultimo della verità. Quindi l'uomo essendo capace di fare la storia è egli stesso una divinità. Per Hegel l'uomo diventa un assoluto, per Marx una divinità capace di rifondarsi ab imis. Il marxismo che si proclama ateo, diventa esso stesso una religione, come essa ha i suoi dogmi inquestionabili tuttavia a differenza delle religioni tradizionali, ha i mezzi per raggiungere la verità. Per dirla con Fedor Doestoevskij, "il socialismo crea una torre di babele ma non per portare l'umanità in paradiso ma bensi, per portare il paradiso sulla terra" quindi il marxismo riesce a fare quello che la religione non è riuscita a fare. Conclusioni finali: è quindi chiaro che di scientifico non c'è nulla nel "socialismo SCIENTIFICO" ma assume piuttosto un carattere profetico/utopistico. Senza dubbio, le tesi di Marx hanno avuto un notevole impatto ed hanno eroso quanto fino ad allora erano state le tesi socialiste (accusate di non scientificità) volte a riformismi ed a esperienze cooperative socialiste che non intendevano creare un aperto conflitto col modello capitalistico. Questa confusione e questo impatto delle idee di Marx, scatenò una fobia socialista che portarono alle repressioni di moti sociali che fermentavano nell'Europa dell'800.

-Luca Mazzucco

giovedì 3 dicembre 2009

Sulla denominazione


Cos'è la coscienza ipertrofica?Questo paradigma lo troviamo in un'opera letteraria forse poco citata ma che meriterebbe una letta.Si tratta di: "Memorie dal sottosuolo" di Fedor Doestoevskij. Sicuramente uno dei suoi libri meno letti ma al tempo stesso fondamentale per comprendere i suoi personaggi. A ragione, quest'opera, datata 1864 è stata considerata come un'introduzione alla psicoanalisi. D. sviscera dal suo personaggio (non è autobiografico, lo stesso autore in ultima analisi lo condannerà) quel gazzabuglio di pensieri che condurrà il protagonista in un continuo processo all'intenzione. Il racconto è considerato, punto di partenza della psicoanalisi (Freud aveva appena 8 anni) lo stesso sottosuolo non è altro che l'inconscio stesso. Ma veniamo dunque alla coscienza ipertrofica.Il termine coscienza è qui traducibile come la capacità di distinzione tra bene e male e l'ipertrofia significa un eccessivo sviluppo quindi essa sostanzialmente è l'eccesso di coscienza. Per D. c'è l'uomo normale che definisce "stupido" ma "autentico", è un tipo immediato, impulsivo. La sua antitesi è l'uomo con la coscienza ipertrofica ed è la sua stessa coscienza che lo rende inerme, incapace di agire perchè bloccato da quella sua capacità di mettersi continuamente in dubbio, ed il dubbio è la sua dannazione che lo porterà a ricevere solo "sputi" ed "umiliazioni". D. non usa mezzi termini per etichettarlo come un "topo" che si rifugia nel suo "schifoso e fetente sottosuolo" nel quale maturerà la sua "eterna rabbia". Ora finalmente abbiamo la chiave di lettura per comprendere questa citazione che riassume il pensiero centrale della filosofia dell'uomo del sottosuolo:"Io, non dico malvagio, ma niente sono riuscito a diventare: né cattivo, né buono, né ribaldo, né onesto, né eroe, né insetto. E ora trascino la mia vita nel mio angolo, tenendomi su la maligna e magrissima consolazione che un uomo intelligente non può in verità diventar nulla e che solo gli sciocchi diventano qualcosa."


Il libro dell'immagine è edito da Newton Compton Editori dal costo di €5 ma nonostante sia economico, ci sono traduzioni migliori.

Luca Mazzucco

Sul difficile inizio

Sembrerei anacronista nel sostenere che sia sorta una nuova società, quella virtuale. Anacronista perchè è oramai un dato di fatto, tutto è iniziato dalle chat e dalla popolazione p2p. Si è poi cominciati a creare le community, i social network e i diversi gruppi di interesse. La nostra società si sdoppia, creando un parallellismo, una dualità in molti versi conflittuale. Perchè conflittuale? E' ormai chiaro come la società degli internauti corra sui binari dell'alta velocità, creando nuovi schemi, nuove regole che cozzano con la realtà e, se vogliamo, è riscontrabile una certa ingerenza nei confronti della società tradizionale che non riesce a seguire questo progresso.
Il mondo dei blog è oramai una realtà fatta di feticci e non; ma la cosa che più sorprende è quanta rilevanza essi assumano, quanto riescano a rispondere a quella pluralizzazione e frammentazione sociale, a quelle sub culture dove nella società tradizionale spesso non si riesce a dare rappresentanza. Il mio blog nasce dalla volontà di entrare nel fitto mondo dell'informazione informale, creando un portale di libero accesso che tratti tutte le mie passioni e i miei studi, cercando di non scadere in una piattaforma scialba dai contenuti di disinformazione. Sono un sostenitore della libera informazione ma bisogna fare attenzione alla disinformazione dilagante e all'appiattimento culturale perchè è il grande dramma di una società post moderna che si è persa nella propria libertà.

I temi che troverete nel mio blog:
-Politica
-Società
-Musica
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-Letteratura
-Filosofia

Spero di riuscire a fornire una certa professionalità e continuità, con l'augurio di ricevere consensi ed interessi in termini di lettori e sostenitori.